Per il nostro piccolino, magari primogenito, arriva il primo giorno di scuola. Chi è preoccupato di più lui o noi?
Il primo giorno di scuola è vicino e nostro figlio, fino al giugno scorso alla scuola materna o dell’infanzia, andrà alla scuola elementare o primaria. Chi è più preoccupato? Probabilmente noi: Che scuola è? Che docenti ha? Chi sono i suoi compagni? Ma le maestre quante sono? Studierà inglese? E l’informatica e la religione? Tutto questo ci chiediamo. Lui sicuramente non ha questi problemi; desidera andare a scuola, vive il passaggio come una promozione e non ha ansie particolari, se non gliele abbiamo trasmesse noi.
Ci sono atteggiamenti negativi sicuramente da evitare?
Sono da evitare le considerazioni che distruggono l’autostima, con frasi del tipo: Non ne posso più, incomincerà la scuola e ci penserà la maestra a metterti a posto; oppure: Finalmente, vai a scuola e lì vedrai. Frasi che fanno gravi danni.
Troppi poi sono i genitori che, anche per la scuola, fanno tutto “in vece” del figlio. Lo lavano, lo vestono, gli preparano la colazione, lo imboccano, riempiono lo zainetto di libri, quaderni e merendine, glielo portano, lo accompagnano fino alla porta dell’aula, quando non pretendono di entravi e di mettere le cose sul banco, snocciolano una serie di raccomandazioni inutili e lo lasciano con uno sguardo preoccupato come se andasse al martirio, turbandolo fino a farlo piangere. Pianto che gratifica la mamma, convinta che si tratti di una conferma dell’affetto del figlio.
Infine sono spesso presenti convinzioni negative nei riguardi della scuola: Ai miei tempi si studiava davvero, oggi giocano appena, addirittura con il computer; oppure: Le maestre sì che han buon tempo, con quattro ore di lavoro al giorno e tre mesi di ferie. Pregiudizi che finiscono per danneggiare la serenità del piccolo alunno.
La pedagogia preventiva positiva ci viene in aiuto, come sempre…
La pedagogia preventiva ci richiede di fare alcune riflessioni che i genitori che leggono non devono nemmeno ricordare, ma solo condividere o rifiutare. Al momento della decisione, l’assenso o il dissenso consentirà di operare la scelta migliore. La prima considerazione è che a sei anni i fanciulli sono maturi per andare a scuola. È un fatto largamente dimostrato, per cui possiamo stare tranquilli. Evitiamo dunque sia i precocismi, che le ansie per il nuovo passo. Ci sono delle eccezioni, ma i casi di difficoltà avranno un trattamento personalizzato.
Con la seconda annotazione so di suscitare un mucchio di perplessità, ma la faccio comunque perché ne sono convinto ed è stata più volte confermata. La scuola primaria italiana è una delle migliori del mondo. Le maestre sanno fare il loro mestiere, lasciamoglielo fare. E se fossimo d’accordo trasmetteremmo a nostro figlio, con le parole e coi fatti, l’informazione corretta che va in un ambiente dove ci sono bravi insegnanti, dove dovrà impegnarsi e lavorare sodo, ma dove “starà bene” e si preparerà adeguatamente alla vita. È un po’ uno sport nazionale dir male di noi stessi. Evitiamolo almeno con nostro figlio, soprattutto quando non ha fondamento.
La terza considerazione ci invita a partecipare alla vita della scuola. Occupiamoci di nostro figlio, partecipiamo alle riunioni preparatorie dell’anno scolastico e agli incontri programmati nel corso delle lezioni, senza la pretesa di sapere noi come si fa scuola, ma con la massima disponibilità alla collaborazione. E basta con i piagnistei secondo cui la scuola è troppo cara e che richiede sempre soldi. Non dimentichiamo che il miglior luogo per investire quel poco che abbiamo non è la banca, non sono i bot o i cct o le azioni, ma è la scuola. “Genitori, investite in educazione, è questo l’impiego del vostro danaro che dà gli interessi più alti”.
Il primo giorno di scuola accompagniamolo pure, ma perché deve andare per forza la mamma? Facciamo una grande rivoluzione maschilista e andiamo noi papà. Pensate quale sicurezza ne ricava il bambino, pensando: Il mio forte papà mi ha portato a scuola, posso star tranquillo, lui sa quello che fa e sa che io sono qui.
Per le maestre che ricevono per la prima volta i nostri figli?
Care maestre, i rapporti con i genitori sono difficili perché il bene che vi affidano è troppo grande. Se voi consegnaste 70 milioni di Euro a un’altra persona non sareste preoccupate? Ebbene il bambino che avete a scuola vale molto, molto di più, perciò noi genitori siamo ansiosi, abbiamo tutta una serie di preoccupazioni che rendono la collaborazione, pur necessaria, non facile.