Il genitore di un figlio unico (talvolta non per scelta, ma per necessità) sente molte persone che ripetono il ritornello negativo su questa condizione: Si sentirà solo, sarà egoista, crescerà viziato, ma davvero corre questi rischi?
Indubbiamente in questa nostra Italia che “sta andando verso un lento suicidio demografico: oltre il cinquanta per cento delle famiglie oggi è senza figli, e tra quelle che ne hanno quasi la metà, ne contemplano uno solo, il resto due, e solamente il 5,1 delle famiglie ha tre o più di tre figli” (così diceva il cardinale Angelo Bagnasco già alla 61ª assemblea C.E.I., nel 2010), la sollecitazione alle famiglie è – in primis – quella di non privarsi della grande gioia della paternità e della maternità; ma anche di non limitarsi a un figlio solo, e ciò proprio perché i figli sono il frutto dell’amore di Dio e dell’amore dei genitori. Ciò non vuol dire che il figlio unico debba essere necessariamente “problematico”; sono, infatti, convinto che l’eccesso di protezione dei figli, la tendenza a giustificarli oltremodo e a compiere scelte che dovrebbero essere loro, sono fatti dipendenti dai genitori e non dal numero dei figli. Il figlio unico semmai, crescendo senza fratelli, richiede “modalità diverse” di intervento educativo.
Quali?
Premesso che anche il primogenito “è figlio unico” fino alla nascita del fratello/sorella e che quindi le considerazioni che facciamo di seguito valgono anche per lui; cito prima alcuni comportamenti da evitare, perché pedagogicamente “rischiosi” per ogni genitore, ma – in particolare – per chi ha solo un figlio:
– evitiamo di essere comunque e dovunque presenti; perché ogni bambino ha bisogno di spazio per sviluppare il senso di sé;
– anche essere eccessivamente disponibili genera dipendenza e scarsità di autonomia; a seconda delle diverse età ognuno può e deve farsi da solo le sue cose, aiutare in casa, curare se stesso, i suoi giochi, la sua stanza, ecc.;
– non organizziamo in tutto e per tutto ogni minuto della giornata di nostro figlio; lasciamogli anche dei momenti in cui può fare (mi si perdoni l’espressione) quel cavolo che vuole;
– non accontentiamolo e non assecondiamolo sempre, ma solo in ciò che è ragionevole; poniamo i limiti che riteniamo educativamente corretti; non diciamo sempre di sì, ma diciamo – per citare un libro famoso di Phillips Asha – quei no che “aiutano a crescere”.
Quello che, infine, un genitore di figlio unico deve sempre tenere a mente è che non potrà mai sostituirsi a un fratello o a una sorella; non è possibile e non è necessario, perché in realtà lui vive la sua condizione con molta naturalezza.
Alcuni suggerimenti positivi?
È bene sapere per prima cosa che tutti i genitori sono in ansia la prima volta che il loro “piccolino” affronta un’esperienza nuova: la prima volta che sta coi nonni o la baby-sitter o la zia, che esce da solo, ecc. Aggiungete ogni ingresso in un ordine di scuola (dell’infanzia, primaria o media, ecc.); quindi, anche i genitori di un figlio solo… devono fare come tutti lo sforzo – superando la paura che si faccia male – di consentirgli di esplorare il mondo e di fare esperienze senza la loro presenza, di “correre libero” e… di subire le conseguenze di quello che fa; certo il nostro desiderio è che sia sicuro, ma non lo tuteleremo maggiormente standogli con il fiato sul collo.
Per aiutare, poi, il figlio solo a socializzare con altri bambini possiamo intensificare i motivi di incontro con parenti e coetanei, facendo in modo che nonni, zii, cugini e amici vengano vissuti come parte della famiglia, anche se non abitano nella stessa casa.
Lo stesso vale per i vicini con i quali si può stringere alleanza, affinché l’accesso all’abitazione dell’uno e dell’altro sia libera ai bambini, magari sorvegliati a turno da una sola mamma; coinvolgiamo anche nostro figlio e i figli degli amici e parenti in attività di gruppo all’oratorio sin dai primi anni di vita.
Assolutamente indispensabile è mandare il figlio unico alla scuola dell’infanzia, perché la vita non è più quella dei tempi in cui io ero piccolo (e il cortile di casa era affollato di ragazzini e ragazzine che giocavano); ora la vita di appartamento non consente più quel tipo di “tirocinio sociale” che lì si attuava; per cui oggi è indispensabile la scuola a tre anni, in quanto i bambini diventano adulti stando con i bambini non stando attaccati alla gonnella della mamma. La mancata frequenza della scuola per negligenza del genitore può definirsi un autentico “crimine pedagogico” di cui il figlio subirà le conseguenze.
Infine attenzione, non sempre è vero che con un solo bambino si tende a essere più permissivi; di tanto in tanto avviene il contrario: su di lui spesso si tende a investire di più, da lui si pretende e lo si condiziona verso risultati precoci ed eccellenti; questo può causare opposizione e rifiuto che si manifestano con sintomi di disagio, quali, abulia, bulimia, anoressia, disturbi psico-fisici di vario genere. (si veda più avanti il capitolo LXVIII, sulle malattie da cattiva educazione).
In conclusione?
Detto tutto questo, mi sento di concludere affermando che certamente la cosa migliore che papà e mamma possono fare per un figlio unico è offrirgli in dono un fratellino o una sorellina; non escludendo – per quei casi in cui la coppia non possa più avere figli – quel grande dono che è l’adozione o l’affidamento o quantomeno l’adozione a distanza.