I genitori sono preoccupati per i loro figli, soprattutto lo sono per i possibili comportamenti a rischio, per il dilagare di alcool e droga, ecc. Vorrebbero sicuramente fare qualcosa, ma che cosa? Ma come?
Siamo preoccupati e abbiamo ben ragione:
– secondo gli ultimi dati, in Italia i consumatori di spinelli sarebbero l’11,2%; quelli di cocaina sarebbero il 3,2%;
– l’uso di droga provoca 600/800 morti l’anno;
– muoiono per incidenti stradali 5.600 persone;
– l’abuso di alcol uccide 25mila Italiani l’anno (di cui 2.000 per incidenti stradali in stato di ebbrezza);
– il tabacco provoca più di 80mila morti all’anno in Italia (tanti quanti di abitanti di Marsala, o di Sesto S. Giovanni).
Non sono dati miei, ma presi da internet. Avrò letto male, la fonte è poco attendibile (perciò sarei veramente felice di essere “smentito” da chi è, più informato e documentato); ma sono dati che ci dovrebbero far pensare e portare a considerare seriamente il pericolo costituito dalle sigarette (che mamma e papà magari fumano tranquillamente davanti ai figli), dall’alcol (di cui abbiamo pieno il mobile/bar della sala), senza per questo trascurare la minaccia reale della droga.
Che fare?
In verità noi non stiamo con le mani in mano: reagiamo, esprimiamo con frequenza più che quotidiana i nostri timori; facciamo grandi predicozzi ai figli, limitiamo e controlliamo le loro uscite. Ma forse occorre fare qualcosa di nuovo, occorre passare dalla pedagogia negativa a quella positiva.
Pedagogia negativa vuol dire:
– dare cattivo esempio, fumando o bevendo o sostenendo che uno spinello fa male quanto tre sigarette;
– guidare senza rispettare le regole del codice della strada;
– dire che tutti bevono, tutti si drogano, ecc.; trasformare quindi un comportamento per fortuna minoritario in comportamento ormai generalizzato;
– fare davanti ai nostri figli previsioni catastrofiche;
– non dare loro fiducia e accusarli di essere su una cattiva strada.
Possiamo uscire dal coro dei pessimisti?
Possiamo uscire dal coro dei pessimisti e proporre i messaggi che hanno maggiore probabilità di incidenza positiva; possiamo renderci conto che la reiterata denuncia della diffusione di un problema contribuisce ad aggravarlo; possiamo, infine, convincerci che fissarsi sul dato negativo produce conseguenze negative.
Finora abbiamo sempre parlato di quei ragazzi che il sabato sera vanno a “sballare” e a forza di parlarne abbiamo finito per inculcare nei nostri figli l’idea che l’abuso di alcolici sia largamente diffuso, che nessuno ne faccia a meno (se non – nei casi migliori – quel povero diavolo che deve guidare). Quindi, dato il fatto che i giovani sono notevolmente influenzati da comportamenti dei coetanei… se l’idea è “tutti bevono” l’uso di alcol inevitabilmente cresce.
Il discorso vale anche per la droga?
Se i mass-media, la gente, (anche papà e mamma, zii e parenti), dicono che “tutti sniffano”, significa che si tratta di un fatto quasi normale, e nemmeno tanto rischioso. È così che enfatizzando il dato negativo favoriamo la diffusione della droga. Quando si annuncia alla radio, alla televisione, sui giornali, in internet che i consumatori di droga sono sempre di più, un ragazzo nel momento di decidere se accettare o rifiutare, ragiona più o meno così: Se lo fanno tutti non può essere così pericoloso e dannoso come dicono, proviamo!
Vuoi forse sostenere che i mezzi della comunicazione sociale dovrebbero nascondere o minimizzare la gravità del problema?
No assolutamente, sostengo che dovrebbero dare notizie corrette, evitando le frasi del tipo “fiumi di droga a Milano”, ma precisando il dato reale del fenomeno. Anche i giornali e le radio possono sperimentare una comunicazione “ribaltata” che provi a diffondere l’idea che drogarsi o ubriacarsi non è certo una normalità, che il numero delle persone che si bevono o assumono stupefacenti è per fortuna ridotto.
Una campagna educativa, allora che rilevi i dati positivi più che quelli negativi?
Un nostro modo di parlare, di esprimerci, di vivere che metta in evidenza il fatto che la stragrande maggioranza dei cittadini non assume alcolici, non spinella, non sniffa, non sballa. Messaggi di questo genere danno sicuramente maggiore efficacia alla nostra azione preventiva.
È il meccanismo psicologico dell’esempio positivo e funziona sempre!
Dare notizie positive, produce – dunque – comportamenti positivi?
Certo ecco un esempio: in occasione del terremoto nelle Marche la notizia (vera) diffusa da tutti è stata che gli Italiani si sono distinti in una gara di solidarietà per le popolazioni colpite. Ciò ha prodotto i risultati straordinari. Se la notizia diffusa fosse stata invece che, data la crisi, gli italiani donavano poco, che il governo non poteva intervenire che in piccola parte, che i volontari preferivano stare alle loro case, come sarebbe andata?
Ci sono state anche ricerche scientifiche su questo metodo della prevenzione positiva?
Ho letto che in Minnesota a un gruppo di contribuenti morosi è stato inviato un minaccioso avviso di gravi sanzioni, a un altro una semplice richiesta di pagamento, altri ritardatari ricevevano una lettera che li informava del fatto che le loro tasse sarebbero andate a finanziare servizi utili per la comunità, agli ultimi infine la lettera diceva che il 90% dei cittadini aveva già regolarmente provveduto a versare le giuste imposte, invitandoli a fare altrettanto. La notizia continuava rilevando il fatto che l’ultimo invito è quello che ebbe più successo, un po’ meno il penultimo e così via calando. La conclusione dell’articolista era che molte persone hanno una propensione elevata non pagare le tasse a causa dell’errata convinzione, (generata da notizie diffuse dagli stessi governi) di un alto livello di evasione complessiva.
Applicando quanto sopra all’educazione forse è il caso di comunicare ai nostri figli che il mondo è fatto di tanti giovani intelligenti che scelgono di essere – come il 90% dei loro coetanei – onesti, sinceri, puliti, sani, capaci divertirsi senza rovinarsi. E in questo anche la scuola può essere di grande aiuto.