Botta e risposta (4)

 

La mia bambina, sei anni, ha cominciato la scuola e non ci vuole andare, piange e mi prega dire alla maestra che ha male qui o là per poter tornare a casa. Una volta o due l’ho accontentata. Sbaglio?

A sei anni i nostri figli sono maturi per la scuola primaria, quindi non si faccia intenerire e non partecipi al gioco delle finte malattie (tenga conto della responsabilità educativa: tra qualche anno sua figlia andrà a lavorare e potrebbe ricorrere al medesimo trucco). Faccia alla bambina un semplice discorso sull’obbligatorietà della scuola, sulla sua importanza e – tutto sommato – sugli aspetti positivi della medesima. Ovviamente ne parli con le maestre per verificare come si comporta in classe e, se lì va tutto bene, non si preoccupi oltre.

 

Tra un mese c’è il compleanno del mio Luca e vorrei fare qualcosa di diverso, soprattutto vorrei evitare la solita festicciola con i compagni che si riduce ad uno spreco di dolcetti e bibite e all’accumulo di una quantità di regali inutili, che mi consiglia?

Nel giorno del compleanno di suo figlio vada a Messa la sera con tutta la famiglia (poi, se vuole, anche al ristorante od in pizzeria) e stabilite che “sarà tradizione della nostra bella famiglia celebrare ogni compleanno, onomastico od anniversario con la S. Messa”.

 

Mia figlia (13 anni) mi ha chiesto se è nata per caso o se è stata voluta e desiderata, che dire?

Lo dovrebbe aver già ben capito dall’amore che gli portate, dalle parole e dai comportamenti con cui lo valorizzate, dalle volte che le avete detto di sì e anche da quelle che le avete detto i giusti no, dai vostri costanti stimoli a comportanti positivi, dalla visione della vita, del mondo che avete dimostrato di possedere, ecc. ecc. Aggiungo solo che la domanda è di quelle fondamentali. Infatti è pedagogicamente importante stabilire se io vengo dal caso o se sono stato voluto, se la mia vita ha uno scopo oppure no. Sartre disse: Ogni esistente nasce senza ragione, vive per debolezza, muore per combinazione. Se è così, che valore ha la mia vita? Che significato hanno le regole che mi vengono proposte? Perché mi devo comportare in un certo modo? Dov’è mia unicità? Io non conto proprio nulla! Se invece sono qui per amore, per fare della mia vita un capolavoro, per prepararmi a passare da questa vita al paradiso; allora capisco le “regole” per una vita dignitosa; capisco perché mi vengono proposte; capisco perché sono al mondo. Mi importa sapere: che sono al mondo per un atto d’amore di Dio; in second’ordine che sono il più bel risultato dell’amore dei miei genitori e infine (ma non ultimo) che sono indirizzato verso una vita “vivibile” anche su questa terra per un’altra nell’eternità.

 

Ho sentito in televisione il conduttore che, diceva: Basta uno spot di 50 secondi in tv per mettere in crisi ogni educatore e rovinare l’educazione di ogni famiglia. Allora siamo rovinati e basta?

Premesso che non so dove il conduttore abbia trovato la citazione e nemmeno se sia esatta, io penso che sia opportuno essere molto cauti nell’attribuire alla televisione abnormi poteri (educativi o diseducativi). Il rischio è che ci si rassegni, che si dica non c’è più nulla da fare e si rinunci così, di fatto, al nostro ruolo di educatori appunto. La tv – mi sia consentito il paragone – è come il vino: in dosi normali e di buona qualità, fa bene; scadente od in dosi eccesive fa male e crea dipendenza. (si veda il VI capitolo) Riduciamo, dunque, la quantità di televisione e scegliamo i programmi migliori, tenendo contemporaneamente presente che i nostri figli badano soprattutto al nostro comportamento concreto, a come agiscono gli educatori.

 

Davvero siamo liberi? Davvero ci vengono date 50 occasioni per fare bene e altrettante 50 per fare il male? Davvero decidiamo noi? 

Siamo autenticamente liberi (vedi anche il cap. XLII: Dimostramelo!). Il Padre ci ha creati liberi e nemmeno Lui (pensi l’Onnipotente!) viola la nostra libertà.

 

Sono preoccupata per tutto quello che avviene: bambini scomparsi, pedofili che li adescano, cattive compagnie, videogiochi violenti, televisione ed internet, ecc. come possiamo difenderci?

Tenendoci sempre in ascolto, “connessi” si direbbe oggi, con i figli. È importante:

– dedicare del tempo a parlare con i propri figli, così tranquillamente senza avere niente di importante da fare;

– far intendere che abbiamo la piena fiducia in loro, sicuri che ci dicano la verità e che un comportamento difforme dalla verità sarebbe davvero impensabile (non imperdonabile) nella nostra famiglia;

– dire di no quando è necessario spiegando le ragioni, ma assolutamente non cambiando idea;

– non punire i figli quando ammettono qualcosa di disdicevole, ma chiedere semplicemente la volontà di tenere un comportamento corretto;

-controllare l’uso di Internet con gli accorgimenti che abbiamo proposto al cap. XXVI: Internet e bambini).

 

Sono una catechista e riprendo ora la mia attività, constato con piacere che i bambini frequentano ed imparano volentieri, ma non partecipano alla Messa nemmeno la domenica, non si accostano all’Eucarestia, perché?

Perché i loro genitori non vanno a Messa la domenica e non fanno la Comunione.

“Dovremmo – ha detto il Papa – fare il possibile per arrivare anche ai genitori e svegliare in loro la sensibilità per il cammino che fanno i bambini (…); nel contesto della catechesi dei bambini, sempre il lavoro con i genitori è molto importante”.

A questo serve – mi si perdoni se insisto – l’Iniziazione Cristiana dei Fanciulli e dei Ragazzi che rivolta anche a papà e mamma.

 

Una delle “regole di famiglia” che ho sentito citare da lei, dice che bisogna pranzare e cenare tutti insieme alla stessa ora e con la tivù spenta; ciò non solo è difficile dati gli orari di scuola e lavoro, ma quando ci siamo riusciti abbiamo solo litigato…

Certo alle 12.30 arriva il figlio dalla scuola, il papà non ha un orario fisso dato il suo lavoro e la ragazza, al primo impiego part-time deve iniziare all’una. La sera è la stessa cosa, la figlia mangia prima perché deve andare in palestra, suo fratello ha appena fatto merenda, la mamma non mangia perché è a dieta e il papà, chissà quando arriva. Quando ci si incontra? Quando parliamo, quando stiamo un poco insieme?

Qualcosa è da cambiare e al più presto. Volendo si può, pena la “morte” della nostra bella famiglia. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda c’è chi suggerisce di non parlare a tavola dei guai in corso. Io penso invece che occorra parlarne per “imparare a parlarne”  per fare tirocinio nella gestione delle difficoltà, per costruire dialoghi seri, amichevoli e sereni anche quando i figli provocano, sono maleducati o i problemi sono gravi.