Ho tre figli vivacissimi e combinano guai; ma sono molto solidali tra loro e quando chiedo “Chi è stato?” non lo dicono… allora li castigo tutti e tre, faccio bene?
Certamente lei avrà educato i suoi figli alla franchezza anche quando hanno combinato un guaio, forse li trattiene il timore della punizione. Le posso consigliare il metodo di don Bosco (anzi della sua nonna): Dite pure chi è il “colpevole” e se questi si impegnerà a un comportamento corretto, non sarà castigato. Come già detto, a mio modo di vedere, solo la violazione dell’impegno assunto merita la correzione.
Avevamo fatto tanti buoni propositi, durante l’attesa, ma, dopo qualche notte insonne abbiamo ceduto: ora il nostro piccolo dorme nel lettone con noi. Che fare?
Lo so per esperienza (purtroppo un po’ lontana) che non è facile, che di tanto in tanto per sopravvivere a un vivacissimo “tesoro” si cede. L’importante è avere idee ben chiare e giuste, tra queste quella che i bambini dormono nel loro lettino. Se poi si cede si cercherà il più presto possibile di ritornare al rispetto delle regole, magari – in questo specifico caso – facendo leva sul fatto che: Ora sei grande, dormi nella tua cameretta.
Ho sempre recitato le preghiere con mio figlio prima che si addormentasse e le abbiamo sempre terminate con alcune “richieste” a Gesù; ma ora che comincia a diventare grandicello mi chiedo se ciò è positivo dal punto di vista educativo.
Pregare insieme, assolutamente sì. Per le “richieste” potrebbe essere pedagogicamente utile un “cambiamento di rotta”, nel senso che forse non è necessario sempre pregare per ottenere un “risultato”; ma per chiedere al Signore di illuminarci nelle nostre scelte, di darci aiuto per vedere – con gli occhi della nostra ragione – quale sia, tra i tanti, l’obiettivo veramente giusto per cui vale la pena di impegnarsi, di illuminarci affinché la nostra libertà sia indirizzata dalla volontà verso scelte conformi alla nostra dignità.
Durante le vacanze natalizie, i miei figli avevano un mucchio di compiti da fare e abbiamo dovuto limitare le uscite di casa (anche se già sono molto ridotte durante l’anno) a causa dei compiti da svolgere. Le sembra giusto?
La domanda conferma quanto abbiamo detto a proposito dei compiti (cfr. il cap. XIV: Compiti), si sosteneva: a) che scuola e famiglia devono accordarsi sul fatto che gli insegnanti assegnano compiti (in quantità e qualità) tali che gli alunni/studenti li possano svolgere; b) che un professore capace e ben organizzato non ha bisogno di dare tanti compiti.
Ce la faremo mai? Forse se cresce la collaborazione tra scuola e famiglia. Ma, mentre cerca con fatica la collaborazione con la scuola, con i suoi figli la invito ad applicare la “pedagogia positiva”. Perciò: 1) Colga subito il dato positivo: Erano tanti i compiti, ci siamo sacrificati un poco tutti, tu per primo; ma hai superato l’ostacolo, bravo! Non guardi solo il lato negativo della fatica che avete fatto lei e lui; l’educazione è fatica, è impegno con il quale si trasformano le difficoltà in opportunità di crescita. E se non avete brontolato troppo, questa è stata un’occasione di crescita. 2) La scuola è come la vita… e spesso capiterà a suo figlio di avere una mole di lavoro esagerata… ma se si sarà allenato da giovane (anche a scuola) sarà in grado di farcela. 3) Può ritornare su questo fatto con suo figlio – tra qualche giorno – rileggendolo in chiave positiva: Ti ricordi le vacanze di Natale avevi tanti compiti, eri in difficoltà; ma hai visto che ce l’hai fatta, perché sei un ragazzo in gamba. Nella vita bisogna saper affrontare anche le difficoltà inaspettate, ingiuste, ecc.; ma tu quando ti impegni… nulla ti ferma. 4) Nulla vieta – se lo ritiene opportuno – di parlare con il professore. senza atteggiamento di critica, ma solo per sapere e per concludere il colloquio con: Pertanto, noi faremo così…. (si veda anche il cap. XXXI: Gli atteggiamenti educativi).
Se invece ritiene che ciò sia inutile si concentri solo sulla pedagogia positiva nei riguardi di suo figlio. La scuola è come la vita… (la prego di ricordarlo) e proprio perché è vita (anche negli aspetti negativi) insegna a vivere.
Il mio bambino (3 anni) ha “ottenuto” di viaggiare in automobile sulle ginocchia della mamma; non si riesce a farlo stare nel suo seggiolino, perché piange con grida strazianti…
Semplicemente lo lasci urlare e gridare, ma non ceda.
Anna, la mia bambina si sta preparando a ricevere la Prima Comunione. Negli incontri riservati ai genitori, molti avevano espresso delle perplessità circa il fatto che i bambini ancora piccoli possano comprendere questo Sacramento; animatori dei genitori e catechisti si dimostrano invece molto ottimisti, come sarà?
La presenza di Gesù vivo e reale nell’eucarestia dà sicurezza. I bambini trovano in Gesù Eucarestia un amico che è con loro, che li accompagna costantemente che li ama e li accoglie e… li perdona sempre! Per cui non è difficile per loro “capire”.
Semmai corrono il rischio che noi adulti, con i nostri ragionamenti e i nostri comportamenti concreti insinuiamo in loro il dubbio circa la reale presenza di Cristo nell’Ostia consacrata e in noi dopo la comunione. Ancora una volta occorre non agire sui bambini, ma su noi.
È giusto che aiuti mio figlio a fare le cose che non sa fare, non è meglio che lo lasci fare anche se sbaglia?
Certo che è giusto, anzi l’aiuto e lo scambio di conoscenze, abilità, competenze è essenzialmente per crescere. Non a caso l’amicizia, ma anche l’insegnamento a scuola, la pratica di uno sport o di un hobby contano proprio su questo scambio: qualcuno fa una cosa bene, la sa fare e mi insegna.
Non è meglio che lo lasci fare quello che vuole anche sbagliando. È meglio che prima gli faccia vedere come si fa, poi lo lasci esercitare da solo, se la nostra azione è stata efficace ci riuscirà se ci saranno insuccessi o errori, pazienza. Si ricomincia senza rimproveri; ma mostrando le operazioni corrette.
Mi preoccupo per le amicizie di mio figlio (11anni), cerco di “filtrare” i compagni che frequenta per ora ci riesco, ma proprio per applicare la pedagogia preventiva penso con una certa ansia a quel che accadrà quando sarà adolescente, non vorrei proprio che cattive compagnie lo rovinino.
L’apporto di padre e madre, nella loro complementarità, ha un influsso “decisivo” nella vita dei figli, così dicono i Vescovi Italiani negli Orientamenti Pastorali per il decennio 2010-2020 tutto dedicato all’educazione. Quindi tenga presente che siamo noi, noi famiglia che, con il nostro “modello” e con la nostra attività educativa, determiniamo la vita dei nostri figli. In secondo luogo le suggerisco di indirizzarlo ad entrare in un gruppo nel quale faccia esperienza del servizio verso gli altri, gratuito e disinteressato, perché se un ragazzo non è mai stato “con gli altri, se l’abbiamo sempre servito in tutto e per tutto”, allora sì che facilmente frequenterà cattive compagnie… Tenga infine presente che difficilmente le amicizie dei nostri figli ci piacciono, perché nessuno è (secondo noi genitori) alla loro altezza. Quindi non denigriamo queste amicizie, ma valorizziamole ascoltandoli ed indirizzandoli opportunamente senza preconcetti.