Botta e risposta con avvertenza…
Come sempre la precisazione che le risposte non sono prescrizioni da seguire pedissequamente, sono indicazioni di percorsi positivi che implicano e presuppongono la “libertà” delle due persone che interagiscono nell’atto educativo, educando e educatore appunto.
La nostra bambina ha parlato con la maestra di piccole vessazioni che lei subite dalle sue “amiche”, ora però queste l’hanno praticamente estromessa dal gruppo e lei ne soffre…Che fare?
Capisco la sofferenza, ma certe “amiche” è meglio perderle che trovarle (e questo lo dica a sua figlia). Cerchi poi di favorire occasioni affinché possa incontrarsi con molti altri ragazzi e ragazze in casa vostra o d’altri, a scuola, all’oratorio, durante le pratiche sportive, in gita, ecc. (si veda anche il cap. precedente: Competitività, aggressività e rispetto delle regole).
Nicola (13 anni) vuole il computer; ma siamo preoccupati soprattutto perché lo chiede con il collegamento ad internet. Dobbiamo comprarglielo?
Il personal computer è ormai uno strumento indispensabile, vostro figlio può usare quello di famiglia; se non c’è, si può comprarne uno che usano tutti. Certo, anche in questo caso occorrono alcune precauzioni se si intende collegarlo ala rete. Internet è una grande risorsa che mette a disposizione il mondo intero ed è valido non solo perché permette di avere informazioni su tutto; ma soprattutto perché si impara “come e dove rintracciarle”. L’abilità che esercita è la capacità di trovare e lì c’è veramente tutto, basta saper navigare con competenza e discernere il buono dal cattivo (e vi par poco?). Ovviamente occorre fare da subito patti chiari: il computer è di tutta la famiglia, non sta nella cameretta del figlio, sarà dotato di un filtro assolutamente sicuro e altre regole d’uso per le quali rimando al capitolo XXVI relativo a internet.
A volte ci sono ordini necessari, che si devono dare e che i bambini devono imparare a rispettare. E se non avviene occorrono le giuste punizioni, anche due sculaccioni ogni tanto possono far bene e sono meglio di altri castighi. O no?
Confermo (si veda il cap. XLVIII: Ubbidienza con le buone o con le cattive?) che “gli ordini che sono stati dati vanno fatti eseguire”. E non si tratta di creare un clima da caserma, si tratta di un problema educativo. I bambini – da quando nasce in loro il senso del dovere – sono orientati a ubbidire; la disubbidienza è un apprendimento e imparano a disubbidire quando capiscono che possono anche fare a meno di rispettare le regole. Mettiamola così: “i bambini non devono imparare a disubbidire”, perciò non dobbiamo mai dare ordini che non saranno eseguiti in quanto un ordine non eseguito insegna a non ubbidire.
Certo, ci sono ordini “necessari” ed è bene non viverli come ordini; quindi nell’esprimerli abbandoniamo il tono imperativo. Sono le 8 del mattino e bisogna partire; posso dare un ordine e dire: Ora smetti di giocare e vieni con me. Ma posso anche dire: Dobbiamo uscire, per andare a scuola. In ogni caso gli “ordini-necessità” proprio perché sono tali verranno eseguiti.
Poi ci sono le “regole di famiglia” (tra queste quelle di buona educazione e quelle che riguardano orari e modalità di vita) qui farsi ubbidire è più difficile, ma… se il bambino tira tardi e non vuole andare a letto all’ora stabilita dalla regola di famiglia: a) vuol dire che cerca di imparare una cosa nuova, cioè sapere se gli ordini dati possono essere violati, quindi esperimenta, prova…; può imparare che le regole si rispettano e basta o che, con taluni “trucchi”, possono essere eluse, dipende da noi; b) vuol dire che ha già imparato che frignando un po’ può ottenere di stare sveglio, di ritardare il riposo; c) vuol dire che precedenti ordini uguali o simili non sono stati fatti eseguire e quindi anche stavolta, prendendoci per stanchezza o per affetto, ce la farà.
Ci sono anche gli “ordini ai quali dobbiamo ubbidire noi stessi” (l’abbiamo già detto – certo – a proposito dell’obbedienza). Se ho detto al bambino che non gli compro il gelato perché oggi ne ha già mangiato uno, chi deve ubbidire? Lui o io? Non ci crederà, ma è difficile anche ubbidire a questi ordini che impegnano solo noi che li abbiamo dati.
Poi ci sono gli “ordini o i divieti sbagliati”; se mi accorgo che l’ordine è sbagliato, semplicemente dico: Mi sono sbagliato.
E, nella medesima categoria, mettiamo anche ”l‘eccesso di ordini”; questa mattina ho sentito una signora che, uscendo dalla macchina, ha detto al suo bambino: Scendi, attento alla strada, dai la manina alla mamma, stai sotto l’ombrello, non pestare nelle pozzanghere. Se l’interlocutore fosse stato un adolescente avrebbe risposto in malo modo e con buone ragioni.
Il gran finale è costituito dagli “ordini che non vengono rispettati”. Papà – ha detto mio figlio – vado all’oratorio. Va bene – ho risposto – ma torna alle quattro. Torna, invece, alle 6.30. Prima di ogni sanzione ricordiamo “l’assunzione di impegni” di cui abbiamo più volte parlato: non serve il castigo se il ragazzo dice: Scusami, sono in ritardo; sarei dovuto tornare per tempo o almeno avvisarti, ma era una così bella partita, che… mi sono perso; non succederà più.
Solamente se la promessa non viene rispettata si “deve” ricorrere al castigo (sarà però cosa ben rara se gli ordini che diamo sono tutti ordini che verranno eseguiti e, nel caso non lo fossero, seguiranno impegni seri). E tra le punizioni non sono comprese le sberle che non vanno mai bene… e non sono meglio di niente. Noi abbiamo scelto di essere pacifici, portatori di pace, non violenti e di questo siamo perfettamente certi, anche se non è facile, quindi mai e poi mai affermeremo che uno sculaccione è meglio di…
Ho scelto per mio figlio una scuola cattolica e pago circa 4.000 € all’anno. Ho intenzione di iscriverlo anche quest’anno; ma mio fratello sostiene che sono soldi buttati perché è lo Stato che deve pensare alla cultura, lei che dice?
Dico che il migliore investimento che si possa fare é proprio quello di spendere in educazione e lei sta impiegando proprio bene i suoi soldi e le renderà molto di più di qualsivoglia “conto” arancio, blu o verde che sia.
Pare che un alunno delle scuole statali costi ai contribuenti circa 6.600 Euro all’anno (cui vanno aggiunte le spese sostenute dagli Enti Locali) e quindi le scuole dette private i cui alunni costano allo stato meno di 1000 € l’anno fanno risparmiare un mucchio di quattrini. So che le “scuole private” private non sono, ma sono scuole pubbliche, le quali ultime si dividono in statali, paritarie e parificate. Penso infine che lo Stato dovrebbe dare a ogni genitore un buono studio di € 6.600 ogni anno che il genitore spenderà presso la scuola che gli dà più fiducia, creando così l’autentica concorrenza tra le scuole per tendere a risultati di alta qualità.