Siamo stati e siamo in difficoltà: la mancanza della scuola soprattutto; ma anche le limitazioni per gli accessi ai luoghi di aggregazione, di pratica dello sport e quant’altro hanno aumentato in modo rilevante la vita ritirata in casa, con i nostri figli. Questi sono spesso di malumore, contrariati e si rivalgono su chi “avrebbe”, secondo loro, il compito di fare in modo che tutto vada bene. Nel tran-tran quotidiano della vita insieme, sono perciò frequenti i comportamenti irrispettosi da parte dei figli nei riguardi di chi si dà da fare fino al massimo per rispondere alle loro richieste ed esigenze, ecc. Non capita mai di sentire dalla loro bocca una parola che esprima riconoscenza. Troppe volte, abbiamo pensato che sono degli ingrati, che tutto è dovuto, che quel che facciamo per loro sembra “soltanto” il nostro dovere.
Pur riconoscendo il fatto che l’attuale, pur attenuata, riduzione dei rapporti sociali presenta realmente una serie di situazioni delicate per l’equilibro familiare, mi pare di poter dire che nostro compito di educatori non è quello di “tollerare” che i figli si esprimano come vogliono, ma quello di educarli a manifestare le proprie emozioni, i propri disagi e i loro stati d’animo in termini accettabili. I genitori che hanno buona stima di sé sanno farsi rispettare anche nella convivenza “forzata”, perché è vero che non hanno bisogno di essere ricompensati per le loro attenzioni educative, ma non è vero che i figli non abbiano dei doveri nei loro confronti e tra questi non possono mancare il rispetto e la gratitudine.
Jean Piaget dice che i bambini molto piccoli nutrono nei riguardi di papà e mamma sentimenti spontanei di ammirazione, affetto e stima. Da questo dobbiamo partire per “educare al rispetto” che è alla base di qualunque relazione e testimonia da parte dell’educando che noi, ai suoi occhi, siamo un valore. Cominciamo a sfruttare questo sentimento innato per valorizzarlo e per educare a rivolgersi a noi in maniera adeguata (per piacere, grazie, scusa) e non tolleriamo comportamenti difformi.
L’educazione affettiva è la base di partenza per la “gratitudine” la quale pure, con il tempo e la maturazione graduale, può essere stimolata, accresciuta ed educata. Quindi, non solo un genitore può aspettarsi dal figlio affetto, rispetto e riconoscenza, ma anche non deve permettere che così non sia.