Mistagogia

 

«Mio figlio ha ricevuto la Cresima e la Prima Comunione, ma il “catechismo” per me e per lui, mi dicono, non è finito; dobbiamo percorrere il cammino della mistagogia. Il pedagogista sa che cos’è?».

La parola mistagogia deriva dal nome greco mystérion (mistero) e dal verbo ago (introdurre, condurre, guidare, agire); quindi mistagogia significa: “introduzione, iniziazione, guida al mist­ero”.

I nostri ragazzi, ormai al loro VI anno del precorso dell’ICFR, dopo aver ricevuto i Sacramenti del Battesimo, Cresima ed Eucarestia, sono introdotti, condotti e guidati in un periodo di catechesi, chiamato appunto Mistagogia, che li orienterà ad agire secondo i misteri ricevuti, a vivere cioè da cristiani, trasformando la grazia dei Sacramenti in uno “stile di vita” conforme a Cristo.

Li guideranno ancora i loro catechisti, ma – lo si è detto più volte – la loro proposta avrebbe ben poco successo se non ci fosse la testimonianza luminosa, chiara, sicura dei genitori, perché (riporto qui quanto già detto nel libro: La Pedagogia Preventiva Positiva, cap. XLVII): L’uomo contemporaneo (quindi anche nostro figlio) ascolta più volentieri i testimoni che i maestri (Paolo VI, Evangeli Nuntiandi, 41). Genitori e catechisti sono chiamati a essere “testimoni” del mistero di Dio e modelli viventi di fede. Come per i precedenti anni, quindi, anche papà e mamma continuano il cammino, affinché i figli non siano soli, ma davanti a loro ci sia chi li accompagna.

Questo processo ha una sua salda radice storica. Nei primi secoli del cristianesimo, durante la veglia pasquale, i catecumeni dinanzi al vescovo, professavano la loro fede, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo ed entravano nell’acqua del fonte battesimale; venivano segnati con il crisma e partecipavano per la prima volta all’Eucaristia. Seguiva il tempo della “mistagogia”, in cui i “neofiti” erano aiutati dalla “Comunità Cristiana” a “vivere” secondo i misteri (sacramenti) ricevuti.  Così anche per i nostri ragazzi, che hanno appena ricevuto i sacramenti dell’IC, incomincia ora il “tempo della mistagogia” (della durata di un anno circa) perché la crescita nella fede sia sostenuta in famiglia (genitori) e nella comunità (catechisti). So­no, infatti, divenuti cristiani grazie ai doni di Dio (Sacramenti), ma devono ancora scoprirne tutta la ricchezza, la bel­lezza e l’implicita necessità di conversione continua, aiutiamoli.

La mistagogia è dunque, per genitori e figli, un periodo in cui è possibile avvicinarsi sempre di più al mistero di Dio, della fede, della vita cristiana.

Purtroppo è ancora profondamente radicata l’idea che l’esito della catechesi sia la Conferma­zione o Cresima, che è considerata come la conclusione di tutto l’itinerario. In quest’ottica la celebrazione non è concepita come l’ac­cesso a un modo “adulto” di vivere la fede, ma come l’ultima tappa di un processo che si conclude; ma così non può essere, infatti, il periodo della mistago­gia ha proprio la funzione di continuare l’itinerario intrapreso, di dare inizio a una vita cristiana a pieno titolo, di intro­durre profondamente nel senso dei misteri ricevuti. La mistagogia chiarisce quindi il significato dei sacramen­ti che non sono la fine di un itinerario, ma il fondamento di una vita che ha inizio: una vita adulta, matura, sicura e salda nella fede, speranza, carità, nella pratica religiosa, nell’amore per i fratelli.