Ci sono, ben radicate nelle nostre menti, alcune idee che non riusciamo a cambiare. La prima è la convinzione che i bambini siano naturalmente più inclini al male che al bene. La seconda, logicamente connessa con la prima, si manifesta quando diciamo: “Bisogna raddrizzare la pianticella finché è piccola”. La terza riguarda i comandamenti che sarebbero difficili da seguire e richiederebbero una vita austera e rigida.
Queste convinzioni (con tante altre, tutte negative) sono d’inciampo al nostro essere buoni educatori, ma… si possono sostituire con altre analoghe e tutte positive:
siccome i bambini sono fatti ad immagine e somiglianza di Dio (Genesi), fare bene è una loro “naturale” disposizione;
una piantina ben collocata nel suo fertile terreno cresce dritta, se è curata con dolcezza, aiutata amorevolmente a osservare le leggi della natura; (don Bosco);
le famiglie cristiane crescono bimbi normalmente felici;
ecc.
Le idee negative che abbiamo segnalato all’inizio nascono da due constatazioni. La prima: i bambini abbandonati spesso finiscono male. La seconda: se vengono guidati e corretti, crescono come si deve. Da qui si trae la conseguenza che ci sia una spontanea tendenza a perseguire il male e che l’educazione abbia, come scopo primario, quello di contrastarla. Invece no! L’educazione deve soprattutto insegnare il bene! Seminando e coltivando nei giovani la certezza che il bene produce bene e stimola ad agire e ad agire positivamente. Lodandoli i nostri figli ogni volta che fanno bene. Rassicurandoli che possono essere buoni, bravi, intelligenti, simpatici, allegri, capaci, amichevoli, sorridenti anche nelle difficoltà. Dimostrando, con la nostra vita, che il bene è il nostro desiderio, il primo nella scala dei valori.
Detto questo, nessuno nasconde il fatto che “c’è una parte negativa in noi”; allora quale avrà la meglio? Un giovane monaco si presentò al suo maestro e disse che gli sembrava di avere dentro di sé due orsi: uno battagliero e malvagio, l’altro tranquillo e saggio… «Quale dei due vincerà?» chiese. «Tu che pensi?», rispose il maestro. «Penso che prevarrà l’orso vivace ed aggressivo perché è più forte». «La mia esperienza invece mi dice – concluse il saggio – che avrà la meglio l’orso che nutrirai di più!» (cfr. L. Domenighini, La Pedagogia Preventiva Positiva, Cap. LXXI, Libreria del santo, PD). Ebbene chiediamoci chi nutre l’orso (buono o cattivo) e la risposta non può essere che “noi”. Dapprima in larghissima parte noi educatori, poi a poco a poco sempre più il cibo sarà fornito dal soggetto stesso che cammina sulla via dell’autonomia.