Comunichiamo con i nostri figli con le parole, con i gesti e gli atteggiamenti, con i fatti e i comportamenti concreti. Comunichiamo “sempre” anche quando non parliamo, tant’è che l’affermazione: “non si può non comunicare” può essere totalmente condivisa. Ma i nostri “messaggi” sono tutti positivi? Indubbiamente no; anche se non lo facciamo di proposito, taluni sono negativi e non solo sulle cose di poco conto, ma anche sui grandi valori, sugli ideali, sui principi che stanno alla base della nostra vita… Ma cominciamo con le parole negative rivolte ai bambini ancora piccoli, eccone alcune: “Maleducato, sei il solito, sei bugiardo, non ubbidisci, non sei capace, ci fai sempre tribolare, lascia stare che lo faccio io, tu combini solo guai, ecc.”. Forse per questo il loro livello di autostima è molto basso, forse per questo si sentono davvero cattivi, disubbidienti, bugiardi… e si comportano di conseguenza. La famiglia poi (oggetto di tante attenzioni da parte della Chiesa) come la presentiamo? Il messaggio certamente più deleterio è: ”Non siamo sicuri”. Non siamo sicuri del nostro matrimonio, non siamo sicuri del tenore di vita, non siamo sicuri del posto di lavoro, non siamo sicuri del futuro che viene – da noi adulti/educatori – presentato non come una promessa, ma come una minaccia, ecc. Forse per questo i nostri figli sono incerti, non hanno un progetto da realizzare, non pensano più al grande eterno amore, a una famiglia felice, allietata da tanti bambini. Forse per questo non se ne vanno più da casa e fanno gli eterni bamboccioni. Concludo con le idee negative che comunichiamo circa “la vita”. Corriamo talora il rischio con le nostre lagnanze di rispondere alla domanda “Mamma perché sono al mondo?” con le parole di Sartre: “Ogni esistente nasce senza ragione, vive per debolezza, muore per combinazione”. Forse così si spiega il “mal di vivere” che attanaglia tanti nostri adolescenti. Forse così si spiega il cosiddetto “disagio giovanile” che non avrebbe nessuna ragione d’essere in quanto (fatte salve le eccezioni) i nostri figli vivono non nel disagio ma nell’agio di una società che – per quanto in crisi su tutti i fronti – offre ancora ottime possibilità di fare bene. Ovviamente ce ne sono molte altre di tali “comunicazioni negative”, ma lo spazio è tiranno e costringe a concludere… con l’arcinota affermazione che: per fare della buona educazione occorre intervenire principalmente su se stessi; cambiare noi, per cambiare quello che trasmettiamo; controllare i nostri messaggi facendoci portatori solo di proposte positive. La formazione in tal senso è possibile non foss’altro che leggendo e attuando quanto proposto ogni settimana in questa semplice rubrica.