Chi di noi educatori si preoccupa coscientemente di “fare “educazione alla pace? C’è forse nelle scuole un’ora di educazione alla pace? Non c’è. Diamo per scontato che la pace sia un dato acquisito e che ormai la guerra non ci tocchi più. Da quando sono nato io (aprile 1945) la guerra è lontana dall’Italia; ma il rischio è sempre vicino. Gli armamenti che tutti gli stati del mondo posseggono a che servono se non a prepararci alla guerra? È vero che possono servire a mantenere la pace… ma allora è necessaria una nuova mentalità, una nuova cultura, serve un esercito di pace; è necessario portare in parata non più il medagliere di guerra, ma quello di pace; è necessario decorare gli eroi al valor pacifico e non più al valor militare, ecc.
Noi siamo “operatori di pace?”. I nostri bambini vivono in una famiglia pacifica? Vengono educati alla pace?
Ogni anno il papa ci richiama al dovere di educare alla pace: nei suoi messaggi del I gennaio non manca mai una parte dedicata agli educatori. Emerge – ci dice il Pontefice questo anno 2013 – la necessità di proporre e promuovere una pedagogia della pace. Bisogna, insegnare ad amarsi e a educarsi alla pace, (…) la pedagogia della pace implica azione, compassione, solidarietà, coraggio e perseveranza. E per far questo ci sono tre luoghi fondamentali: la famiglia, la chiesa, la scuola.
La famiglia: è un dei soggetti indispensabili nella realizzazione della pace, “nessuno può ignorare o sottovalutare il ruolo decisivo della famiglia”. Nella famiglia nascono e crescono gli operatori di pace, i futuri promotori di una cultura della vita e dell’amore.
La Chiesa: in questo immenso compito di educazione alla pace sono coinvolte in particolare le comunità religiose. La Chiesa si sente partecipe di una così grande responsabilità attraverso una nuova evangelizzazione che ha come suoi cardini la conversione alla verità e all’amore di Cristo.
La scuola: una missione speciale nei confronti della pace è ricoperta dalle istituzioni culturali, scolastiche e universitarie (…) Il mondo attuale, in particolare quello politico, necessita del supporto di un nuovo pensiero, di una nuova sintesi culturale per superare i tecnicismi e armonizzare le molteplici tendenze politiche in vista del bene comune. Esso, considerato come insieme di relazioni interpersonali e istituzionali positive (…) è alla base di ogni vera educazione alla pace.
In conclusione la proposta di una pedagogia della pace non deve mai venire meno: pensieri, parole e gesti di pace creano una mentalità e una cultura della pace, un’atmosfera di rispetto, di onestà e di cordialità.
Bisogna insegnare ai nostri bambini ad amarsi, a dire no alla vendetta, a riconoscere i propri torti, a perdonare. Ecco allora la grande proposta finale del papa: la pedagogia del perdono; il male, infatti, si vince con il bene e la giustizia va ricercata imitando Dio Padre che ama tutti i suoi figli.