Abbiamo più volte sostenuto in questi nostri interventi di pedagogia preventiva positiva che la tivù, durante i pasti principali, va tenuta spenta. Ebbene, una mamma mi scrive che quell’unica volta che ci ha provato, il pranzo è finito con una gran litigata. Allora ha rinunciato …
Certamente questo è avvenuto perché quella famiglia non era abituata a questa “assenza”. Non era abituata a parlare in tranquillità. Infatti, genitori e figli non si parlano quasi mai: si parte presto per il lavoro, si accompagnano in fretta i bambini a scuola, si ritirano e si piazzano davanti al teleschermo, si pranza e si cena guardando il telegiornale e tutti zitti perché il papà vuol sentire le notizie.
A questo punto sono forse necessarie alcune considerazioni circa le strategie per sopravvivere senza televisione. La prima sta nel fatto che tutti componenti della famiglia dovrebbero impegnarsi a parlare anche dei problemi che li toccano, ma con serenità, rispetto e affetto per i familiari. La seconda dice che ci si ascolta, ci si valorizza, si dà molta importanza alle cose positive che uno dice minimizzando quelle negative. La terza presuppone che si evitino gli interrogatori: sappiamo bene che i bambini non parlano sotto lo stimolo di una serie di domande inquisitorie; tacciamo in po’ noi genitori e lasciamo parlare loro, dimostrandoci molto interessati a quel che dicono e orientando la conversazione sulle cose belle (non saranno molte, ma ci sono) che dicono.
A queste proposte se ne possono aggiungere altre: si mangia comodamente seduti a tavola escludendo spuntini fiori pasto; si sta seduti per il tempo necessario magari allungando un poco la seduta per il piacere della conversazione; non si “rimproverano” costantemente i bambini per le loro incapacità a seguire le regole del galateo, si può incentivarli a fare bene rivolgendoci a loro con cortesia (come faremmo se fosse ospite un bambino foglio di amici). Poi, ancora: non riempiamo il piatto dei bimbi con dosi abbondantissime, ma serviamo una piccola porzione di cibo che eventualmente verrà ripetuta. Evitiamo i ricatti della serie mangia la bistecca che poi ti do il cioccolato. I ricatti, magari ottengono un risultato immediato ma creano nel tempo un rapporto distorto con il cibo premessa per malattie quali la bulimia o l’anoressia. Infine, alla frase “non mi piace” (salvo che non siamo certi della difficoltà per il bambino a mangiare quel cibo) rispondiamo ponendo nel patto una piccolissima porzione e dicendo di assaggiare. La conclusione: il sorriso a tavola favorisce l’acquisizione di buone abitudini alimentari.