Che ci crediate o no i bambini sono più felici se hanno regole precise e sono abituati a rispettarle. Questo soprattutto nelle “situazioni sociali” quando per loro è difficile gestirsi mancando di esperienza e di capacità organizzative. Maria Montessori a tal proposito afferma: “Un bambino che può fare quello che vuole non è libero, ma abbandonato”.
Basti un esempio in negativo: abbiamo invitato in casa gli amici di nostro figlio, li abbiamo fatti entrare in una stanza piena di giocattoli ed abbiamo detto: “Giocate, è tutto vostro, fate pure quello che volete…”; ebbene, dopo pochi minuti sono scoppiati litigi e beghe per il possesso magari di un gioco pur essendocene a disposizione altri mille. Questo perché? Perché sono senza regole! Sarebbero stati molto più felici se noi avessimo organizzato bene l’incontro, avessimo predisposto alcuni accorgimenti per farli divertire, avessimo proposto vari giochi di gruppo, lasciandoli certo liberi di agire, ma stabilendo limiti e intervenendo in casi di mancato rispetto dei medesimi.
E uno in positivo: li abbiamo portati al ristorante con noi (potevamo anche lasciarli ai nonni, ma ne abbiamo accennato e hanno accolto l’idea con entusiasmo). Abbiamo scelto un locale “adatto” alle famiglie; ma contemporaneamente abbiamo stabilito e comunicato che cosa ci aspettavamo da loro. Abbiamo esercitato buona vigilanza intervenendo immediatamente a prevenire le trasgressioni. All’inizio è stata dura… poi pian piano il clima si è rasserenato, è stata un’esperienza piacevole e tutta la famiglia è tornata a casa contenta. Siamo stati genitori positivi, abbiamo dato regole chiare e precise; non abbiamo raccomandato loro di “comportarsi bene”, ma detto esattamente quali comportamenti sono concessi e quali no, loro hanno capito e sono felici.
In linea generale dobbiamo insegnare ai figli da subito e gradualmente ad avere comportamenti consoni all’ambiente in cui ci si trova, a chiedere educatamente ciò che serve loro, a scusarsi se sbagliano, a ringraziare per quanto ricevuto, a evitare (trascurando le volgarità di cui abbiamo già scritto) frasi di per sé anche accettabili, ma che a volte nascondono mancanza di rispetto. Mettiamo il caso di un bambino che abbia imparato a dire “non è vero” quando un altro ne racconta una grossa: questa frase, che pronunciata tra coetanei può andare, non si può più accettare se rivolta dal piccolo ad un adulto, come a dirgli che è bugiardo.