Alzati che è tardi (a)

 

“Alzati che è tardi!”. È una frase che rimbomba spesso, di buon mattino, in ogni casa dove c’è un figlio che va a scuola (o un giovanotto che va a lavorare). La giornata così comincia con un ordine e temo che la medesima finirà con un altro ordine non molto dissimile: “Vai a letto, che è ora!”.

I bambini (e i giovanotti) dei genitori che applicano la Pedagogia Positiva si dovrebbero, invece, svegliare con un bel: «Buongiorno!» che – per i genitori credenti – potrebbe continuare con: «Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Una sveglia siffatta non la dimenticheranno mai.

Immaginiamo la situazione: sono le sette e 30, si sta facendo tardi… Io che cosa voglio da mio figlio? Voglio che faccia tutto e subito: lavarsi, vestirsi, fare colazione, preparare lo zaino, ecc. Ma lui perde tempo… e io non voglio arrivare in ritardo al lavoro. Penso: “Lo sta facendo apposta! Perché non mi ascolta mai? Devo assolutamente farlo ubbidire! Come si permette? Adesso glielo faccio vedere io chi comanda!”. I muscoli si tendono, il cuore batte più forte, il disagio cresce, provo impotenza e rabbia…

Molti genitori in una situazione del genere applicano la pedagogia negativa. Cominciano a urlare; dicono cose come: “Se non sei pronto in due minuti, ti lascio qui”; oppure: “Perché fai sempre così?” o “È possibile che non impari mai?”. A volte minacciano il figlio di castighi come una bella (chissà perché “bella”?) sculacciata, di togliendogli un gioco, di portarlo a scuola in pigiama; oppure lo strattonano o lo insultano con parole come stupido, deficiente, asino, ecc.

Nel frattempo lui si sente profondamente ferito, mortificato, non amato. Si mette a piangere, sbatte i piedi per terra, oppure urla. É arrabbiato pure lui e due persone in uno stato di collera non sono in grado di risolvere il problema in modo costruttivo.

Una situazione del genere probabilmente si concluderà in questo modo: gran parte della colazione resterà nella scodella, il genitore laverà, vestirà, ecc.  il figlio con modi bruschi e rapidi, lo trascinerà verso l’automobile e lo accompagnerà a scuola. Al momento di salutarlo non gli farà neanche un sorriso, né gli darà un bacetto. Poi correrà al lavoro.

Qui riprenderà il controllo di se stesso e comincerà a sentirsi in colpa per quello che ha detto e fatto.  A questo punto non sarà sereno nella sua attività perché preoccupato per suo figlio. Il quale, a sua volta, avrà difficoltà a concentrarsi, si sentirà abbandonato, proverà sentimenti di rancore e, magari, se la prenderà con i compagni più piccoli. Al momento di svolgere gli esercizi scolastici, potrebbe pensare di essere davvero stupido e comportarsi di conseguenza fornendo una prestazione del tutto scadente. L’insegnante quindi lo rimprovererà perché, pur avendo buone capacità, ha dato risultati molto inferiori alle sue possibilità.

Quindi: genitore e figlio sono arrivati in orario, ma sia il loro rapporto che l’autostima di ambedue sono stati gravemente danneggiati…

Finiamo così la parte di “pedagogia negativa” proponendoci – Il prossimo mese – di parlare in positivo.