Leggo in un articolo di giornale che “spiare” i figli nell’uso dello smartphone è facile: dal proprio PC, con un software appositamente installato, si può controllarlo a distanza, leggere i messaggi e le mail; vedere le telefonate fatte e ricevute, i collegamenti a internet, facebook, WhatsApp; guardare le foto e i video salvati; localizzare chi l’ha con sé; ecc. ecc.
Confesso che invidio quei papà e quelle mamme che hanno le competenze tecnologiche per fare questo, io non le ho e – se ne avessi bisogno – mi rivolgerei a una ditta specializzata.
Leggo anche che spiare i propri figli non solo si può, ma è, anche, perfettamente legale visto che, quasi sempre, al momento dell’acquisto i ragazzi sono minorenni e titolare dell’apparecchio risulta il genitore, il quale, se vi accede, sta operando con un “suo” telefono in piena legittimità.
Ma … perché dovremmo spiare? Spiare non è educare e non è nemmeno controllare. Al momento in cui do in mano il telefonino a mio figlio dico chiaramente che lo ha solo in uso, che conosco la password di accesso che è mio dovere sapere (e vedere) quello che fa.
Detto questo, inizia la “fase educativa” perché insegnare ai figli come usare il cellulare è senza dubbio più importante che controllare. Questa fase comprende un dialogo aperto tra educando e educatore, una discussione a livello propositivo che consenta di fissare alcune regole d’uso (nel rispetto delle quali il nostro esempio sarà assolutamente ineccepibile). Tra queste:
1) niente telefonino fino alla scuola media e internet solo dopo l’inizio della scuola superiore rispettando le età minime, che sono per facebook e YouTube 13 anni, per un account Google 14 anni, per WhasApp 16;
2) stabiliamo insieme i tempi d’uso per i collegamenti in rete, a internet, videogiochi, social, ecc. ecc.;
3) ci sono momenti in cui deve stare spento, ad esempio durante i pasti principali, quando si studia o si fanno i compiti, ecc.;
4) è assolutamente vietato usarlo quando si guida l’auto;
5) la buona educazione ci chiede di non chiamare né rispondere se stiamo parlando con un’altra persona, se siamo in compagnia, se ci troviamo in una situazione pubblica;
6) facciamone un uso “pulito”, quindi niente parolacce, volgarità, violenza, azzardo, sexting o porno;
7) attenzione a chi non si conosce, il mondo virtuale è pieno di pericoli;
8) rimane sempre il diritto di papà e mamma di requisirlo in caso di uso scorretto.