Ordini o regole?

 

Molti genitori lamentano che non riescono a farsi ubbidire. Ma siamo proprio sicuri che il fine dell’educazione sia l’ubbidienza? Forse no!

Parto da lontano affermando che la disubbidienza è un apprendimento. Infatti, questa non esisterebbe nemmeno se… chi dà un comando o impone un divieto, li facesse “sempre” rispettare. Ma così non è, ed allora già dalla prima volta che il genitore-educatore “dimentica” di far eseguire un ordine, il bambino impara che “si può disubbidire” e tenderà a ripetere, secondo il suo piacere, il comportamento trasgressivo. Ai primi ordini e divieti se ne aggiungeranno, poi, molti altri che si susseguiranno a ritmo serrato durante la giornata e a cui quasi sempre non seguirà quello che è richiesto.

Per cercare di por rimedio a questa situazione proviamo a superare la logica dell’ubbidienza per entrare in quella delle regole. Facciamo un’autentica “rivoluzione copernicana” dicendo che “mentre una volta si educavano i bambini a ubbidire oggi vanno educati al rispetto delle regole”. Le regole sono la definizione di uno spazio in cui ci si può muovere liberamente, dove la libertà di agire è ben costudita e difesa e di un limite, oltre il quale non è lecito andare per il bene di sé e degli altri. Se la regola è chiara, se non ammette deroghe, se tutti sanno che verrà applicata sempre, se dopo la fanciullezza è anche discussa e concordata risulta essere un prezioso aiuto nella formazione dei nostri figli.

Che cosa si oppone a tutto quanto detto sopra? In primis l’autoritarismo di molti genitori che continuano a pensare che il loro compito sia comandare e pretendere ubbidienza. Poi la nostra mania di spiegare ogni richiesta con parole razionali ai bambini che non hanno capacità sviluppate in tal senso. In terzo luogo la rinuncia rassegnata al ruolo educativo da parte di molti genitori. E, infine, l’attribuzione al bambino di poteri decisionali in vece nostra. La prima posizione citata è ben rappresentata dalla frase: “Qui comando io”. La seconda dall’affermazione: “Cerca di capire perché ti chiediamo questa cosa”. La terza si esprime con: “Non so più che cosa fare con quel figlio che è testardo come un mulo”. E l’ultima nella frase: “Che cosa vuoi di cena tesoro?” … tutte frasi che dovremmo bandire dal nostro vocabolario di educatori positivi per introdurre quest’altra: “Si fa così perché questa è la regola”.