I genitori ricorrono spesso ai ricatti per far ubbidire i figli. Ecco una scenetta che può capitare in qualsiasi casa: “Mangia la minestra, che ti fa bene!” dice la mamma. “Mi fa schifo!” risponde il bambino (6 anni). Segue una ‘predica’ che inizia con: “Non si dice ‘Fa schifo’, ma semmai ‘Non ne gradisco”; e che continua talora con: “Se ne mangi tre cucchiai, poi ti do i biscotti”. È il classico metodo del ricatto che è efficace per ottenere risultati immediati, ma non certamente per fare della buona educazione, perché i nostri figli così “diseducati” pretenderanno un compenso per ogni loro attività.
E allora che si fa?
In primo luogo fissiamo l’attenzione non sul bambino che deve ubbidire; ma su di noi che diamo un ordine. Se ad esempio diciamo: “Non ti compro il gelato, perché ne hai già mangiato uno oggi” chi deve ubbidire, noi o lui? E (continuando con gli esempi): “Non ti do alcun regalino, i compiti sono il tuo dovere dunque li fai”. Se lui sa per certo che la mamma (attenzione fissata sulla mamma) non gli darà, mai e poi mai, il gelato o non gli permetterà assolutamente, di lasciare i compiti a metà, non ci sarà alcun problema.
In secondo luogo evitiamo le richieste ‘ricattatorie’, riformulandole in modo da inviare un preciso, autorevole messaggio: “Mi aspetto che tu prenda sul serio le cose che dico e che le faccia”. La frase: “Se mi dai una mano a rifare i letti, poi ti do i soldi per comprare le figurine”; può essere sostituita da: “Ci sono i letti da rifare, sai che in casa si collabora, ora ho bisogno del tuo aiuto”. La frase: “Se oggi fai il bravo a scuola, nel pomeriggio puoi giocare alla play station”; cambiamola con: “Sono certa che sarai bravo a scuola, perché sei un ragazzo intelligente e sai che quello è il tuo impegno”. Ecc.
E se vogliamo proporre un premio, presentiamolo come piacevole conseguenza di un comportamento buono e non come risultato del ricatto. Se nostro figlio ha ubbidito subito, ha studiato molto, ci ha aiutato, ecc., ecc., lo si può gratificare cominciando col dargli la grande soddisfazione di sapere che abbiamo apprezzato il suo impegno e che siamo fieri di lui; diciamoglielo: “Sei stato proprio bravo!”. Contemporaneamente proponiamo il premio in un modo che non suggerisca il ricatto. Ad esempio: “Sistemata insieme la cucina, ci mettiamo io e te a suonare la chitarra, lo so che ti piace, ci divertiremo da matti”; oppure: “Lavàti i denti, a nanna con una bella storia raccontata dalla nonna, che stasera è qui con noi”; o anche: “Mentre fai quel che ti ha chiesto papà pensa a un gioco, ha detto che, appena torna, ha tempo per giocare con te”; ecc.
Infine teniamo sempre presente che il ricatto è un’offerta che precede l’azione: “Se sei promosso ti compro…”; il premio viene successivamente: “Bravo, sei stato promosso, bisogna festeggiare e in una festa che si rispetti c’è anche il ‘regalo’ per il festeggiato, eccolo!”. Ma – ripeto – le nostre lodi, le parole di incoraggiamento, le espressioni di apprezzamento, gli abbracci e i baci, sono le migliori fonti di gratificazione. Queste non devono mai mancare, i premi, semmai, arrivano dopo.