Il telefonino sotto l’aspetto pedagogico. Come dovremmo comportarci?
Il principale problema che abbiamo oggi a proposito del telefonino è a mio avviso quello che i genitori cedono troppo facilmente alla moda e lasciano correre.
Quando non sono loro medesimi a comprarlo al figlio ancora bambino, succede che lo zio, o la nonna provvedono. Si brontola un poco, poi si accetta il fatto compiuto.
Sembrerebbe che gli adulti in tal modo non prendano posizione e quindi non facciano né bene, né male, ma non è affatto così: un messaggio c’è ed è semplicemente quello di un’autorizzazione seppur tacita per amore del quieto vivere, per non affrontare un problema. Come tante altre volte ci limitiamo ai borbottamenti e perdiamo così la nostra autorevolezza. Forse varrebbe la pena di parlarne prima, per sapere che fare poi.
La pedagogia preventiva serve dunque anche per l’uso del cellulare?
Sì! Perché se non vogliamo venir meno al nostro compito educativo, dobbiamo farci per tempo idee ben chiare, in modo da non essere “impreparati” quando il caso si presenterà. La pedagogia preventiva positiva (e inevitabilmente mi ripeto) ha proprio lo scopo di discutere i problemi, per trarne conclusioni valide che ci porteranno, quando sarà l’occasione, a proporre con chiarezza comportamenti adeguati.
Che fare “preventivamente”?
Molto presto, quando il bambino va ancora alla scuola dell’infanzia, occorre che papà e mamma ne parlino tra loro per decidere come agiranno appena lui vanterà il diritto ad avere il suo bel telefono in tasca. Concorderanno così alcune regole, dettate da buon senso e realismo, finendo col dare indicazioni precise.
Quali?
Per prima cosa penso sia da stabilire che il telefonino si usa quando serve. Non pare indispensabile definire a priori una data in cui si raggiunge “la maggiore età telefonica”: se le circostanze richiedono che il fanciullo ne sia dotato, per quella specifica occasione, lo si dia, ma esclusivamente per quel momento. Nessuno può negare l’utilità del mezzo per ragioni di sicurezza, ma il possesso sia assolutamente limitato al caso di necessità; evitando di essere noi medesimi a volere che nostro figlio ce l’abbia in tasca sempre onde poterlo così controllare quando è fuori casa.
Arriva, però, il momento in cui diventa compagno inseparabile? O dobbiamo impedirlo il più a lungo possibile?
Arriva, e per prepararci a questo momento è opportuno aprire la discussione anche con il ragazzo: proporre di pensare che cosa si può fare e che cosa, invece, è meglio non fare, è già un successo e un grosso deterrente all’uso improprio. Il figlio, infatti, ragiona e dice: Il mio papà e la mia mamma si interessano di me e questo è importante. Il tutto allo scopo di trovare poche regole positive, ben chiare, opportunamente spiegate, possibilmente concordate ed anche personalizzate (nel senso che tengono conto dell’età, del contesto in cui il telefono viene usato, delle caratteristiche dello strumento stesso).
Eccone sei, solo sei, ma indispensabili.
- Il telefonino va usato con criterio e solo per necessità, la sobrietà e la misura servono anche in questo caso.
- I relativi costi non sono a carico di mamma o papà, ma del piccolo budget che il ragazzo riceve come paghetta settimanale, quindicinale o mensile.
3. Il genitore, fino alla maggiore età del figlio, conosce la password di accesso al telefono, può controllare i messaggi e i contenuti nel cellulare e nei social network. - A scuola non è necessario e va, quanto meno, tenuto spento durante le lezioni. Tutte le scuole hanno il telefono fisso, per cui in caso di vera emergenza si può utilizzarlo. Credo che, dopo i fatti avvenuti, ogni Istituto Scolastico abbia già integrato il suo regolamento per introdurre il preciso divieto d’uso (cfr. Direttiva ministeriale 15 marzo 2007), le relative azioni informative ed educative, nonché i conseguenti provvedimenti disciplinari in casi di violazioni.
- La fotocamera si può usare solo per riprese di cui si abbia il consenso, e tali riprese non possono esser inviate ad altri se non previa autorizzazione dei titolari. Non si condividono foto intime o personali.
- Sarebbe infine lodevole che si concordasse con i figli che il cellulare in casa va usato con rispetto delle persone che vivono con noi, non durante i pasti, non mentre gli altri ci parlano, non durante i compiti, non di notte, ecc. Ovviamente non possiamo imporlo a loro se non lo facciamo noi. Un padre autorevole non impone mai una regola che lui medesimo non rispetta.
Quando, però riteniamo che sia oltre che giusto, anche opportuno che nostro figlio abbia il telefono sempre con sé, glielo dobbiamo comprare noi, o se lo deve comprare da solo?
Sarebbe, indubbiamente meglio che se lo comprasse il figlio e ciò per non togliergli la gioia di aver fatto fatica, ma di avercela fatta.
E il collegamento ad internet… quando?
Tutti sappiamo che navigando in rete si corre il rischio di naufragare, quando non si abbiano le attrezzature necessarie, la bussola, le coordinate. Se queste attrezzature le abbiamo date, l’accesso alla rete può avvenire, ma con gradualità; nel senso che il genitore conosce le password e i codici di accesso per internet sul cellulare del figlio ed esercita una costante vigilanza che con il crescere dell’età e della “maturità” del figlio andrà proporzionalmente riducendosi.
Ma quanto conta l’esempio dei genitori?
Certamente l’esempio è determinante, mi verrebbe voglia di dire che nostro figlio userà il telefono così come lo usiamo noi. Perciò va di nuovo sottolineato che in educazione non conta tanto dare buoni consigli, quanto passare comportamenti coerenti, sobri, intelligenti dai quali traspaia chiaramente che è il mezzo serve me e non io che sono suo schiavo e mi faccio da esso dominare. I genitori hanno anche l’obbligo di tenersi aggiornati, formarsi, conoscere, imparare allo scopo di dare, anche in questo caso esempio di “libertà” dai condizionamenti che anche il telefono può creare.
Che dire agli insegnanti?
Semplicemente di far rispettare il Regolamento di Istituto anche per ciò che riguarda l’uso delle tecnologie sempre più accessibili, come internet, computer, telefonini, videocamere, che entrano nella scuola anche come strumenti di lavoro e di ricerca.