Come a scuola, dimostriamo un teorema e concludiamo con c.v.d.?
“Come volevasi dimostrare”, ma talora non è facile ed è capitato anche a me di trovarmi a corto di argomenti e di non saper rispondere…
Interessante, interessante… il nostro pedagogista che non sa rispondere! Come è avvenuto?
È avvenuto che, in una compagnia di amici, il giorno dopo Pasqua, con i relativi figli (grandi e piccini) si parlasse di un cagnolino e della sua “padrona”.
– Che differenza c’è?… È stato chiesto.
– Lei ha un’anima… immortale! Il cane no. Ho, imprudentemente ed immediatamente, risposto.
– Dimostramelo! Dio, l’anima, il paradiso…no, non ci credo; voglio delle prove… scientifiche!
A chiedere è uno dei nostri figli, ventenne che mi guarda sornione e con aria di sfida.
Ho parlato di “possibilità del pensiero” che mi può permettere di essere, in questo momento, in mezzo a Piazza S. Pietro, o a Londra, o a Parigi; ho parlato di “apprendimenti” che gli animali non trasmettono; ho parlato di…; ma ero evidentemente in difficoltà.
E che cosa ha fatto – allora – il nostro pedagogista?
Ho fatto quel che sempre suggerisco; ho attuato la pedagogia positiva in questo caso più tardiva che preventiva (preventiva per coloro che mi leggono i quali, prima o poi, si sentiranno rivolgere più o meno la stessa domanda dal figlio adolescente).
Ne è emersa una risposta?
Sì, e la rivolgerò direttamente al nostro giovanotto che chiamerò Giovanni ed al quale l’ho poi mandata via E-mail.
Una risposta che non vuole andare oltre il semplice riscontro ad una domanda di un ragazzo e che non rappresenta dunque nessuna posizione ufficiale, né dell’Editore, né – tantomeno – della Chiesa. E questo lo dico “per significare chiaramente che le idee che io propongo qui, impegnano solo la mia persona; mi auguro che esse corrispondano esattamente alle dottrine della Chiesa alla quale ho la fortuna di appartenere, ma si avrebbe torto ad identificarle con quelle; la Chiesa di Cristo è superiore alla cultura di un tempo, a quella di un popolo e, a maggior ragione, alle vedute particolari di uno dei suoi membri, anche se egli si sforza di pensare da cattolico e vi si applica con tutta la sua fede, con tutto il suo amore” (E. Dévaud).
Ebbene, caro Giovanni, credo che per prima cosa sia necessario rispondere: Non posso dimostrarlo! Perché, se lo potessi affermare con la sicurezza dell’evidenza o della matematica, o della scienza o di quello che voi tu (con tale certezza per cui qualunque persona sottoposta alla medesima argomentazione od esperimento non potrebbe che assentire)…ebbene se così fosse, non saresti più libero… “dovresti” darmi ragione.
La tua libertà – invece – è garantita! Mai nessuno potrà dimostrare che l’uomo ha un’anima immortale; ci saranno sempre 50 “ragioni” per affermarlo ed altrettante 50 per negarlo. La libertà umana impedisce a chiunque voglia provare che Dio esiste di avere una “possibilità” in più del 50% così come lo impedisce a chi volesse sostenere il contrario, cioè che Dio non esiste; “nella fede c’è abbastanza luce per chi vuol credere e abbastanza ombra per chi non vuol credere” (Pascal).
La cinquantunesima ragione si chiama “decisione” personale dell’uomo libero! Chi fa la scelta di fede non lo fa certo per una prova razionale e chi non “vuole” decidere non crederebbe… nemmeno se uno risuscitasse dai morti. Certo la ragione può arrivare alla fede, ma solo con un atto della volontà.
La libertà umana, dunque, è intangibile?
Ma guarda un po’! Dio ci ha creati liberi: liberi di credere in lui o di non credere. Allora giorno funesto e fine della libertà dell’uomo sarebbe quello in cui, con leggi rigorosamente scientifiche, verificate con criteri galileiani, si dovesse dimostrare l’esistenza dell’anima o di Dio; saremmo tutti obbligati ad essere credenti, come siamo obbligati a credere nell’esistenza, del magnetismo o della radioattività, ecc., che erano fenomeni sconosciuti sin dall’origine dell’uomo perché non percepibili direttamente dai nostri sensi.
Ma questo basta?
No, si può continuare dicendo ancora una volta: Non posso dimostrartelo con la certezza della prova, perché la richiesta di sottoporre Dio ad un esperimento contiene in sé – nel momento in cui la poni – la negazione di Dio per l’affermazione dell’io: un nuovo Dio = io. Affinché tu dica: Mi hai convinto, Dio dovrebbe sottoporsi ad un esperimento; dovrebbe sottostare alle condizioni che “tu” ritieni necessarie per ottenere una verità scientifica. Questa “presunzione” che vuole fare di Dio un oggetto e imporgli le nostre condizioni da laboratorio, non può provare la sua esistenza e non lo troverà mai, perché mette da parte l’intera dimensione dell’amore, dell’ascolto interiore e riconosce come reale solo ciò che è sperimentale. Nel suo libro Gesù di Nazareth il Papa ne ha magistralmente parlato quando scrive: Questa richiesta di prove pervade tutto il corso della vita di Gesù. Gli viene continuamente obiettato di non aver dato prove sufficienti di sé; egli dovrebbe compiere il grande miracolo che, eliminando ogni ambiguità e ogni opposizione, metterebbe in chiaro a chiunque, in modo irrefutabile, chi e che cosa Egli è. E questa richiesta rivolgiamo anche noi a Dio, a Cristo e alla sua Chiesa nel corso della storia: se esisti, o Dio, allora devi mostrarti. (pagg. 52/53).
Ma allora gli educatori autenticamente credenti non possono fare nulla per trasmettere la loro “granitica” (come l’hai definita) certezza dell’esistenza di Dio, dell’al di là, della dimensione soprannaturale?
Possono, possono!
Possono con la loro vita concreta, con la ricerca costante di coerenza, dell’onestà, della verità. Possono dimostrarla con i loro sforzi di dare attuazione concreta, nei comportamenti di ogni giorno, alle idee che dicono di avere. Possono insegnare la finitezza di questa nostra condizione umana e nel contempo l’aspirazione all’infinità. Possono dire: Io so che alla fine di questa vita ci sarà l’ingresso in un mondo di luce, dove il significato di tutto sarà finalmente chiaro; la liberazione dei limiti che quaggiù ci impacciano, come la realizzazione completa delle nostre potenzialità; l’amore finalmente senza limiti di tutti per tutti; la moltiplicazione senza fine di quella gioia di cui quaggiù ci è dato solo un piccolo, pallido, sempre minacciato preannuncio.
Ma allora la ragione e l’intelligenza non servono?
Servono, servono!
La ragione (capacità appunto di porre delle argomentazioni coerenti) e l’intelligenza (capacità di intus-legere, di leggere dentro le cose per andare altre le prime epidermiche impressioni) sono indispensabili per “vagliare” alla loro luce (raziocinio ed intelletto) ciò che trovi in te e ciò che ti propone l’altro da te.
Dove cercare allora?
Dico a Giovanni con S. Agostino: Noli foras te ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas (non uscire da te, ritorna in te stesso, nell’interiorità dell’uomo abita la verità); cercala, ragionaci, scandagliala con la tua bella intelligenza… La troverai.
Milioni di uomini l’hanno trovata… altrettanti non l’hanno trovata).
Tutti gli uomini hanno vissuto per nove mesi nel pancione della mamma e mai e poi mai avrebbero creduto che ci fosse un’altra vita dopo. Proprio lì, io dicevo a mio fratello gemello Mario: Usciremo di qui, c’è un’altra vita al di là della nascita, ce ne andremo da questo limitato e bel posto e ci sarà spazio immenso; la nostra vita non finisce qui, ci sarà tempo, tanto tempo; respireremo liberamente; mangeremo quello che vogliamo; saremo liberati dal legame del cordone ombelicale…, ma non volevamo andarcene, sapevamo che avremmo sofferto nel “passaggio”, e – soprattutto – avevamo dei dubbi che qualcosa ci aspettasse dopo la nascita.
Tutti gli uomini vivono (pochi o molti anni) su questa terra e molti di essi hanno creduto ad una vita successiva. Cerca in te la Verità… certo non è facile, lo ammetto; sarebbe troppo comodo se tu la potessi “dimostrare” almeno a te stesso.
Solo in me? Devo cercare?
Non solo in te, ma anche:
– nell’amore che vivi (alla fine, se continui ad essere “bravo” come sei, scoprirai con immensa gioia che hai dato la vita – un giorno dopo l’altro, senza nulla di straordinariamente eccezionale – per le persone che hai amato… e che cosa c’è di più bello che dare la vita per le persone amate?);
– nel bene che fai (pensa come sarebbe diverso il “tuo” mondo se tu non ci fossi, come sarebbero diversi i tuoi genitori, i tuoi amici ed amiche, la tua ragazza, ecc.);
– nelle cose grandi che hai fatto e rese quelle dei tuoi genitorielli che parlano di fede); chi non vuol credere”nei progetti che hai; (se ti volti indietro dici: “ho fatto fatica, ma ce l’ho fatta”; se guardi avanti puoi dire: “ebbene sì, ci riuscirò”);
– nei libri che leggi (tra i quali so che non mancano la Bibbia e quelli che parlano di fede);
– nella tua “storia” (non negarla… non lasciarla cadere nell’oblio);
– nell’esperienza delle persone che conosci (la fede trova conferma non solo nei libri cosiddetti sacri, ma anche nelle esistenze che ha plasmato comprese quelle di tuo padre e di tua madre);
– nelle persone “di Chiesa” che hai conosciuto (ce ne sono di grande levatura umana e spirituale; sicuramente anche tu lì hai incontrato persone di prim’ordine);
– nelle cose belle e grandi che accadono ogni giorno (ce ne sono tantissime e tu lo sai, peccato che i telegiornali non ne parlino);
– nei “segni dell’immortalità” (di cui vi è ampia traccia in te e nel mondo);
– negli amici che frequenti (anche loro con te stanno camminando verso la verità);
– nella natura che ti circonda (tutta da scoprire nei suoi misteri e nelle sue stupende leggi);
– nel lavoro che fai (proprio perché ti costa fatica ed impegno);
– ecc.;
confronta queste “ricerche” con te stesso, ragionaci sopra, entra dentro di loro; magari qualcosa dimostrano.