Crisi e “Conversione”

 

Siamo in periodo di crisi, non lo possiamo negare; ma a me pare di vedere ancora spreco, lusso, tante spese non necessarie, ecc. Non potrebbe proprio essere la crisi a “convertici” alla sobrietà?

In effetti, sì! Sarebbe veramente opportuna una “conversione”, cioè – in senso letterale – una “inversione” a U” per lasciare la direzione del consumismo e puntare, all’opposto, verso l’uso oculato e rispettoso delle risorse che grazie a Dio possediamo.

 

Un’inversione del senso di marcia? Perché non siamo sulla strada giusta?

Magari pensiamo di esserlo: siamo buoni cristiani, magari non rubiamo, non ammazziamo nessuno, diciamo di credere in Dio, andiamo la domenica alla Messa, ecc.; ma se scaviamo a fondo; se guardiamo ai fatti senza “pie misericordie verso noi stessi” potremmo addirittura scoprire che siamo sì sulla retta via: ma che – ed è ancora peggio – stiamo andando nella direzione opposta a quella giusta. Noi – il 20% della popolazione mondiale – ci prendiamo una abnorme-sproporzionata fetta delle risorse del pianeta (circa l’80%), lasciando agli altri (e sono l’80%) le briciole (cioè appena il 20% dei beni), le difficoltà, le conseguenze delle nostre crisi, le malattie e purtroppo – troppe volte – anche la fame.

 

Ci è sfuggito qualcosa?

Non abbiamo capito che tutti gli uomini della terra sono “sulla stessa barca”. Alla fine della vita saremo giudicati sull’amore. Ci verrà detto: Avevo fame, avevo sete, ero forestiero, o malato o carcerato, ecc. Tu? Dov’eri?

Tu avevi una quantità sovrabbondante di cibo… tanto da buttarlo.

Sgorgava acqua pulita e potabile dai tuoi bei rubinetti e tu la compravi in bottiglia.

Tu possedevi un mucchio di cose assolutamente superflue e non avevi nulla per la Caritas, i poveri, gli extracomunitari, gli immigrati, ecc.”.

Che facevi tu per gli altri? In modo del tutto gratuito? Esclusivamente sotto la forma del volontariato?

“Vai ….” Con quel che segue! Mentre a questo mondo i poveri sono più poveri, gli stranieri meno accolti, i carcerati meno visitati e i malati avranno sì le cure fisiche necessarie, ma manca sempre di più l’amore perché: Ha una malattia inguaribile, perché è uno zigote e non lo voglio, perché non è neanche mio parente, perché è un clandestino questo che si presenta ora nel mio studio. Così la fame nel mondo cresce, i bisognosi aumentano ed è apparsa un’altra fame, forse più subdola di quella del cibo, cioè la mancanza di ideali, di valori, di motivi autentici per vivere, per lottare, per fare bene il bene.

 

Per cui?

Possiamo riflettere sulle nostre concezioni negative per scegliere strade positive. Possiamo capire quanto sia necessaria una “vera conversione” per prendere la via della semplicità, della parsimonia, della povertà, quella di Gesù che è nato povero. Possiamo (finalmente!) smettere di essere “consumatori” per tornare a essere “uomini e donne” “consapevoli” anche quando facciamo i nostri acquisti.

 

Non più “consumatori” dunque… Ma come vorresti essere chiamato, dopo l’inversione a “U”?

Né cliente, né utente, né paziente… tanto meno consumatore e nemmeno acquirente…

– Vorrei essere considerato una “persona” anche dal commercio.

– Vorrei, che lo scopo dei nostri “punti vendita” non fosse mai più “il profitto”, ma la risposta a un “uomo” che ha bisogno di qualcosa e che tornerà se lo avremo servito bene e ciò permetterà anche di guadagnare.

– Vorrei che si dicesse: È entrato nel supermercato un “signore” (non un cliente!) che ha trovato quello che voleva…, ha pagato ed è uscito contento.

– Vorrei che tutti avessero e tenessero solo quanto loro necessita, contemporaneamente dando a chi ha bisogno quel che si risparmia… fino al massimo possibile.

 

C’è speranza che qualcosa si possa fare?

La speranza è sempre giovane. I giovani hanno il diritto e il dovere di “non fare come noi”. Non è vero che tutta la gioventù è dedita al divertimento e vuole solo cose materiali: vuole – invece – che non ci sia ingiustizia, desidera che ci sia partecipazione ai beni della terra e libertà degli oppressi. I giovani vogliono il bene.

 

Ormai da troppi anni, però, si fa di tutto per convincerli (i giovani) che si può avere – e facilmente – tutto quello che si vuole…

Sì! Oggi:

– è facile ottenere in famiglia quello che si chiede, perché i genitori dicono sempre di sì;

– è facile superare le difficoltà della scuola, perché si fa di tutto per eliminarle con mezzi leciti e illeciti e guai a quegli insegnanti che non accettano questa regola;

– è facile correggere i difetti fisici, con un “banale “intervento di chirurgia plastica;

– è facile addirittura guarire da tutte le malattie e se non si guarisce la colpa è del medico che viene regolarmente denunciato;

– è facile smettere di fumare (Smettere di fumare? È facilissimo! Io ho smesso almeno 20 volte – diceva Oscar Wilde) o di drogarsi (tutti pensano: Io sono capace di uscirne quando voglio), ecc.

Sennonché… la realtà è ben diversa: succede che nulla è facile e, prima o poi, trovi o la persona o l’ambiente o la malattia o il difetto o il vizio che non sono facili per niente. Ci sono e non si spostano.

 

E dopo l’illusione fa capolino la delusione… allora che fare?

C’è un’unica strada: invertire la rotta, riabituarsi alla vita sobria, all’essenziale, alla fatica, alla gioia della conquista dei traguardi sudati, al coraggio di risalire dagli insuccessi ai risultati, dalle difficoltà alle possibilità. Una vita fondata su una visione di fede non dimentica della Provvidenza.

 

Anche da parte degli adulti nei riguardi dei bambini?

    Noi adulti dobbiamo capire che:

– voler bene ai bambini non significa spazzare via tutti gli ostacoli, ma aiutare a superarli;

– dobbiamo smettere di cercare di farli “star bene” ad ogni costo, per orientarli a “far bene” e chissà che facendo il bene non si finisca anche per star bene!